mercoledì 10 ottobre 2012

Assenza



Ci risiamo: mi basta qualche distrazione e mi dimentico del blog.
In realtà penso che per scrivere ci voglia ispirazione reale, non bisogna farlo per adempiere ad un dovere, per scadenze contrattuali (che di fatto non ho!).
Il paradosso è che sono stata assente da internet ed a me stessa perché sono stata impegnata a lavorare per... l'internet festival.
Mi sono ritrovata a contatto con persone eccezionali, ho assistito a conferenze, ho cantato "call me maybe" da ubriaca nel giardino del Sant'Anna  rubato cioccolatini alla Normale.. Ma soprattutto ho trasmesso in diretta dal centro dell'azione con la mia radio (www.radiocicletta.it) ed ho assistito a dei concerti straordinari.
Primo fra tutti quello degli Auanders, nove musicisti Jazz che mi hanno incantata con le loro composizioni. Sarà stata anche la cornice del teatro Sant'Andrea, una delle tante chiese sconsacrate e riconsacrate all'arte ed alla musica ma l'atmosfera che s'è creta era estremamente suggestiva. E come al solito il mio cervello ha iniziato a viaggiare nel tempo e nello spazio, ascoltando ed osservando ciò che succedeva nel teatro e nelle altre persone.
Il sorriso che si scambiano due musicisti perfettamente accordati tra di loro.
La mia sovrannaturale capacità di individuare il musicista più dotato e stravagante (leggere "pazzo") di un gruppo al primo sguardo e soprattutto la capacità di innamorarmene follemente.
La mia invidia nell'osservare un essere umano capace di manovrare uno strumento musicale come se fosse un'estensione del suo stesso corpo, senza sforzo, come spinto dall'istinto.
Chiedersi se i jazzisti facciano, durante le loro performance sessuali, le stesse espressioni facciali che assumono mentre suonano.
Riderci sù. Richiedersi la stessa domanda e non ridere.
Sarà la musica o sono strafatti?
Ridono.
Probabilmente sono strafatti.
Si sorridono di nuovo.

Parte l'ultimo brano. Sento da dentro il desiderio di urlare "Uuuuuuuuuuh, groovy!" ma non lo faccio. Sorrido anch'io ed il bassista  mi risponde o almeno così voglio credere.
Morale della favola: la mia prima esperienza lavorativa è stata così divertente ed interessante che mi vergogno a darle il nome di lavoro, altro che cruda realtà, avrei voluto che l'evento continuasse per almeno un'altra settimana.
In tutto ciò ovviamente mi sono innamorata almeno una decina di volte ma per il momento preferisco lasciare tutto nella mia testa e divertirmi con l'immaginazione. La realtà non mi piace, mi sta buttando giù e voglio fuggirla per un po'.
Vi dispiace?